Chi deve decidere sull'uso del territorio in Sardegna ?

Lunedì, 23 Settembre 2013. di Franco Branca Numero di letture: 2918

Chi deve decidere sull'uso del territorio in Sardegna ?

Vale la pena chiarirsi bene le idee sul dibattito in merito alle considerazioni dello scrittore Giorgio Todde. Un altro che farebbe molto meglio a dedicare il suo tempo per regalarci libri meravigliosi come quelli che ha pubblicato, invece che pretendere di avere un titolo in più per fare politica. L'intento di Todde è ammirevole, certamente, ma rischia di aggiungere lastricato alla strada delle buone intenzioni per l'inferno.

A mio parere il suo ragionamento non può essere accettato per questi motivi: innanzitutto,come ha giustamente evidenziato da Adriano Bomboi, la responsabilità della tutela e dell'uso del territorio deve essere affidata al popolo sardo e non delegata a terzi. In realtà questo vale anche per tutte le altre responsabilità, sia di natura economica che politica ed istituzionale.

Non è un'osservazione di dettaglio. Quando gli italiani vengono in Sardegna non fanno che ammirare le nostre ricchezze ambientali e criticarci sulla nostra incapacità di usarle per vivere ricchi e felici. Purtroppo dimenticano che loro sono stati i primi artefici dello sfascio ambientale – e soprattutto dell'inquinamento – di enormi porzioni di nostri territori di pregio. Sono stati e sono. Moratti, Rovelli, Enel, Eni e via discorrendo. Ma è anche vero che tali disastri sono stati realizzati con l'accondiscendenza (e la sostanziale condivisione) non solo dei gruppi dirigenti regionali ma con un largo consenso popolare. Tutti abbiamo avuto (non nella stessa misura) responsabilità in questo processo.

Se una strada importante passava su una zona notoriamente ricca di reperti e di presenze archeologiche si faceva a gara per trovare il modo di "superare l'ostacolo". Non è vero, quindi, come pretenderebbe il dott. Todde che dall'italia ci verrebbe una maggiore tutela. Anzi probabilmente è vero il contrario. Se consideriamo le aree occupate dai poligoni militari, ad es, mentre apparentemente, dal punto di vista paesaggistico sono apparentemente integre, dal punto di vista ambientale sono impraticabili per il livello di inquinamento esistente.
La responsabilità istituzionale delle scelte, pertanto, va individuata nell'ordinamento realmente vigente, e da questo punto di vista, oggi, avrebbe ragione Todde, perché in quanto parte dello Stato italiano, nonostante la ns autonomia (così poco esercitata) in ultima analisi a quelle leggi si deve obbedienza giuridica. Questo premierebbe, nell'immediato, le esigenze di natura protezionistica che stanno a cuore a Todde.

Ma attenzione, perché è una lama a doppio taglio: qualora esistessero esigenze "italiane" divergenti da quelle locali, prevarrebbe la loro volontà. Provate ad immaginare, ad es, se fosse consentito allo stato italiano affidare le concessioni per trivellare il territorio regionale in cerca di questa o quella fonte di energia. O se fosse nella disponibilità dello stato italiano concedere la realizzazione di pale per la produzione di energia da eolico nel mare antistante le nostre coste o impiantare nel nostro territorio una centrale nucleare.

E' anche vero, peraltro, che se si lasciasse decidere a livello di comune o di singolo cittadino sull'uso del territorio certamente sarebbe un casino, come è dimostrato dai disastri di tipo paesaggistico e urbanistico realizzati in alcune aree della Sardegna dove si è lasciata mano libera alle imprese locali e spesso all'abusivismo dei singoli: pensiamo ad es. al litorale di Quartu S. Elena ed a tutti i nuovi insediamenti nei nostri paesi da Ozieri a Sestu a Villasimius e mi fermo qui perché non mi basterebbe la pagina.

E' vero ciò che dice Todde, che siamo riusciti ad abbruttire, qualche volta in modo irrimediabile, i nostri paesi, distruggendo la loro anima, e qui non posso non citare tutta la cintura di Cagliari, dove comunità agricole fiorenti disponevano di un patrimonio architettonico ormai quasi introvabile.

Allora qual è il punto? Il punto è che in Sardegna l'uso di tutti i territori deve essere considerato di interesse collettivo e che quindi la sua disciplina giuridica deve essere centralizzata nella Regione e non affidata ai Comuni. Ovviamente questi, così come i singoli cittadini, sono portatori di interessi che devono essere contemperati a quello generale e non mortificati.

Ma il punto è anche che pretendere di regolamentare in modo parossistico esigenze fondamentalmente giuste ha portato alla situazione attuale di paralisi ed alle assurdità che conosciamo, con la conseguenza che la modifica del PPR è ormai richiesta da tutti ed il rischio che nel modificare si esageri in direzione opposta o che si utilizzino in modo surrettizio leggi (es quella sul golf) che apparentemente dovrebbero sostenere progetti di sviluppo ed in realtà sono soltanto tentativi di forzatura della normativa urbanistica.

In sostanza, anche in merito a questo argomento, la soluzione sta nella partecipazione reale della popolazione alle scelte e nella loro condivisione, e non mi riferisco soltanto a scelte quantitative (relative alle cubature) ma a scelte qualitative, che tengano nel giusto conto anche le esigenze di natura estetica e le esaltino anche per la loro valenza economica. L'armonia di alcuni paesini della Marmilla, ad es, è oggi un enorme patrimonio che certamente può consentire alle popolazioni di quei paesi lo sviluppo di iniziative in ambito turistico.

Commenti (2)

  • Luana Farina

    Luana Farina

    23 Settembre 2013 at 15:41 |
    Nella speranza di un governo indipendente in uno stato sardo il problema non si mette:le competenze sarebbero statali, dello STATO SARDO, che delegherebbe alcune competenze ad amministrazioni locali, sulla base di una norma stabilita prima collegialmente sulla base di interessi Regionali, Logudor, Marmilla ecc. e Comune per Comune con problematiche simili.
  • Luciano Melis

    Luciano Melis

    24 Settembre 2013 at 07:44 |
    No a Maninchedda, No a Murgia. Si a chi collegialmente indica un nome condiviso. Per vincere superiamo i dirigenti dei partiti indipendentisti. Loro sono tutti, giocoforza, "Leaderisti": Sale e Cumpostu su tutti. Sono loro i veri ostacoli all'unione popolare. Ma dietro, tutte le basi, cioè il popolo dei sardi, sognano una casa comune. Forza Casa Sardegna. Attrezzati con una struttura dirigente senza capi ma con veri referenti territoriali. Vi osservo.

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